Danzano foglie
al cantare del vento
che le sperderà
Danzano foglie
al cantare del vento
che le sperderà
Macelleria. Vendesi. Vendesi. Panificio. Affittasi/vendesi. Mentre oltrepassava le due abitazioni che precedevano la gelateria vide un corvo che se ne stava in mezzo al marciapiede, voltato verso di lei. Sembrava proprio che quello sfregio nero la stesse fissando. Era grosso, non ricordava di averne mai visti di così grossi, e pensò che gli sarebbe bastato un saltino per beccarle la… per beccarla in mezzo alle gambe. Rabbrividì. Le faceva proprio una brutta impressione quel becco, riusciva benissimo a immaginarlo a strappare, a lacerare. Se fosse stata come tutti gli altri si sarebbe fermata a fargli una foto col telefonino, per poi magari corredarla di una stupida didascalia; ma lei non aveva tempo da perdere con quelle sciocchezze, doveva farsi trovare al bar entro le otto e un quarto, come ogni giorno.
Continuò a camminare con la stessa andatura. E poi è solo un corvo, pensò, se fosse un corvo bianco potrei forse capire il bisogno di fermarsi, ma così… Sbattè le palpebre e si accorse che il corvo era bianco. Sbarrò gli occhi per un solo attimo, il movimento delle sue gambe si scoordinò e dovette rallentare per riprenderne il controllo. Senti ciccio, pensò, non ho tempo per te, lo so che tu non sei in grado di apprezzare le buone abitudini, ma io sì, sono in pensione e mi piace sapere in anticipo quello che succederà, mi piace che Olga mi porti ogni volta esattamente quello che voglio senza aver bisogno di chiedermelo, mi piace sapere prima ancora di entrare nel bar chi sarà seduto a leggere il giornale e chi sarà in piedi al bancone a far perdere tempo a Olga, mi piace essere sicura che Ines e Luisa mi avranno tenuto il posto al solito tavolino. Quindi ti passerò accanto e ti ignorerò, e ognuno andrà per la propria strada senza rancore. A meno che, sorrise, tu non abbia voglia di diventare viola… Sbattè le palpebre e si accorse che il corvo…
…era viola.” E finisce così, senza svelare quello che… Ma… Ehi aspetta! Dove vai?-
-Scusa ma alle otto in punto a casa mia si cena, non posso sgarrare sennò chi la sente Sofia?- e ridendo accelerò il passo. Stefano rimase senza parole. Si ficcò le mani dentro alle tasche posteriori dei jeans e cercò di pensare a un modo decente per riempire le ore…
…della sera.” Ecco ragazzi. Chi mi vuol dire cosa…- Alzò lo sguardo e si accorse che l’aula era vuota. Solo dopo qualche istante il suo cervello registrò il chiasso che proveniva dai corridoi: mentre leggeva il racconto, anzi mentre ci era immerso dentro, evidentemente era suonata la campanella della ricreazione e nessuno dei ragazzi si era fatto scrupoli a lasciarlo lì da solo come un idiota. Ah gli istituti tecnici, pensò sospirando. Guardò fuori attraverso le vetrate: perfino il sole l’aveva abbandonato, andandosi a nascondere dietro a un gruppetto disordinato di nuvole. Mestamente raccolse la sua cartelletta e oltrepassò la soglia diretto alla successiva stazione…
…della sua stanca esistenza” Mise un punto e aggiunse una firma malferma, poi alzò la testa dal foglio. I suoi occhi chiari perlustrarono per l’ennesima volta il soggiorno adornato da vecchie cianfrusaglie, pieno di ombre che la debole lampadina non riusciva a scacciare. Il posto più adatto per la cianfrusaglia più vecchia, pensò, però questa cianfrusaglia riesce ancora a combinare qualcosa di buono, anche a ottantaquattro anni. Prese il foglio e lo agitò in aria per vedere se Paolo se ne accorgeva. Suo nipote, che era seduto al tavolo della cucina a trafficare col cellulare, alzò lo sguardo per un solo minuscolo istante per poi riprendere la sua attività come se niente fosse accaduto. È bravissimo nell’indifferenza, pensò il vecchio, in questo ha già superato il padre: si troverà sicuramente bene in questo accumulo di bolle che è diventato il mondo. Cominciò laboriosamente ad alzarsi, ma prima che la manovra si fosse conclusa Paolo era già…
…fuori in giardino.” Arnoldo Risma non aggiunse commenti e fissò la coppia in attesa delle loro parole. Naturalmente fu la ragazza a parlare:
-Bello. La ringraziamo di avercelo fatto conoscere- disse- Vero?- chiese, strattonandolo, al ragazzo, che stava guardando in giro e rispose con un “Sì sì, sicuramente” che nemmeno si sforzava di sembrare sincero. Arnoldo invece alla sincerità ci teneva, perciò disse loro:
-Per così poco. Se volete pensarci su fatelo a casa vostra, io adesso avrei da fare- e con quella breve frase rese felice sè stesso, il ragazzo, e almeno per metà la ragazza: un gran successo insomma. Lei lo salutò e gli rivolse un mezzo inchino, lui si limitò a un quasi impercettibile movimento con la testa che convinse Arnoldo che non li avrebbe più rivisti, per fortuna. Appena se ne furono andati corse verso la tenda che teneva aperta nello spazio più interno della grotta, scacciò il solito greysel indisciplinato e guardò la clessidra: era arrivato in tempo. Attese fino a quando ebbe osservato l’ultimo granello di sabbia precipitarsi sul mucchio sottostante, quindi rovesciò la clessidra per la quarta volta dall’alba ed entrò nella tenda a recitare…
…le sue preghiere” Mise un punto, poi si raddrizzò mandando qualche scricchiolio e si appoggiò allo schienale della sedia. Avvicinò a sè il registro, segnò la data e l’ora e aggiunse la sua firma. Come ogni giorno. Recuperò la penna e se la risistemò sul bordo inferiore dell’ala destra, quindi si alzò e attraversò la stanza piacevolmente immersa nella luce, già lontanissimo col pensiero dalla solita routine appena conclusa. La sua figura non proiettava alcuna ombra. Uscì e chiuse a chiave.
Tutto era immobile nel silenzio: l’antica sedia di legno dalle forme eleganti, impreziosita da fregi dorati raffiguranti battaglie lontane nel tempo, sia nel passato che nel futuro; l’antico tavolo, tagliato grezzamente senza alcuna concessione all’estetica; il libro delle vite e il registro, poggiati sul tavolo, e i volumi variopinti che riempivano gli scaffali lungo tutte le pareti della stanza; la luce, intinta in un giallo amalgamato a qualche goccia di arancione, che accarezzava tutto senza lasciar intendere da dove provenisse.
Dopo un tempo imprecisabile l’ombra che riempiva il fondo della sedia cominciò a gonfiarsi pian piano, a sviluppare tronco e arti, poi una testa e infine un paio di ali. Come ogni giorno avvicinò a sè il libro delle vite e lesse lo scritto più recente. Scosse la testa, estrasse una penna dal bordo inferiore dell’ala destra e si apprestò a correggere dove ce n’era bisogno.
Però, un anno e sono ancora qui. Non è la cosa più vecchia, né la prima che ho pubblicato, ma se sono qui è quasi tutta colpa di Panetto:
La bicicletta cadde troppo presto. Panetto non scappò ma rimase in piedi al riparo della tettoia, era ancora abbastanza giovane da credere nella clemenza. Quando la Regina svoltò nella via non erano passati più di cinque minuti, che beffa… Sua Altezza raggiunse il marciapiede, mentre rimasero a una certa distanza le Guardie e i Prìncipi con le famiglie, più in là ancora i Consiglieri e i Nobili Coltivatori, ancora più lontano il resto del popolo fra schiamazzi e canti sguaiati. La Regina vide in terra la bici che si diceva avesse mantenuto l’equilibrio per un’intera settimana, guardò Panetto e sorrise. Gli strappò via una bella porzione di spigolo in alto a destra e la mangiò lentamente, poi diede l’Ordine: due Guardie lo afferrarono e lo gettarono sull’asfalto rovente. Si squagliò rapidamente e ciò che rimase fu lasciato leccare ai cani. Comunque nessuno volle rinunciare al brindisi.
Sono troppo ignorante anche solo per accettare o rifiutare le premesse alla tua domanda, figurarsi rispondere... Dico solo che mi…