L’Impero non esiste. Ho perso il conto di quante volte, durante i miei viaggi nelle zone esterne più lontane, ho sentito questa affermazione perentoria. L’ho sentita uscire da discussioni ad alto tasso alcolico, l’ho intercettata in mezzo al vociare delle dame nei mercati; l’hanno pronunciata osti, carrettieri, mercanti, prostitute, pastori, santoni,mendicanti, soldati, persino ragazzini. È diventata ormai una banalità da conversazione, da inserire appena dopo i commenti sul meteo, accompagnata da un’espressione del viso che lasci intendere di aver portato alla luce la verità nascosta oltre le apparenze, di avere svelato quello che c’è dietro.
Ma tutte quelle persone vivono nell’ignoranza, si accontentano di guardare quello che c’è nel loro limitato campo visivo. Li si può capire: non vedono in mezzo a loro gendarmi o soldati con le divise dell’Impero, né esattori che riscuotono tasse in nome di esso; se si recano alla Casa dell’Impero della loro provincia quello che trovano è un edificio deserto dove ad accoglierli ci sono solo un piccolo zelentiel e una statua che raffigura un personaggio del quale nessuno conosce le gesta. Chissà quanti di loro riflettono sul fatto che in quel luogo, apparentemente abbandonato alla mercé del primo che passa, non c’è nemmeno un piccolo graffio sulle pareti, e chissà quanti colgono la metafora dello zelentiel , con quelle sue foglie mezzo arrotolate che formano la chioma più rada del mondo.
Essi dunque sono convinti di vivere in nazioni sovrane, e che l’Impero e la sua temibile e misteriosa techné siano solo leggende. Questo libro dovrebbe e vorrebbe rivolgersi a loro ma non credo arriverà mai nelle loro case, e se anche lo facesse susciterebbe forse incredulità scoprire dalla quarta di copertina che vivo proprio a Zat, la leggendaria città-madre che (ve lo garantisco!) non è affatto una leggenda. Ma voglio essere ottimista e credere che tu, caro lettore, sia un portuale del lontano Nord, con le mani rovinate dalla lotta contro i giganti del mare; o un mercante che percorre i bordi della Bruciatura per portarvi gioielli e le parole dei santi; o magari sei una monaca mutista. Ascolta: l’Impero esiste, esiste da secoli. Nessuno sa quanta verità ci sia nei racconti degli Inizi che circolano (la Retrocessione Felice, i grandi proclami che sembrano tutti un po’ troppo teatrali), io comunque li analizzerò e ti offrirò le mie ipotesi a riguardo; poi passerò alla Storia vera e propria, decisamente più documentata, e spero ne sarai affascinato quanto me: vi potrai riconoscere persone che hai incontrato, in fondo gli uomini sono sempre gli stessi, ovunque. Leggerai di guerre di tutti i tipi (perfino insensate), di capricci pericolosi e alleanze inaspettate, di ideologie ritenute immortali che ora sono dimenticate, di un popolo razzista che ha rischiato più volte di autodistruggersi. Alla fine ti descriverò qualche meraviglia della nostra techné e spero di incuriosirti abbastanza da invogliarti a venire qui nella Capitale per vedere coi tuoi occhi quello che c’è dietro.
Malgrado l’ottimismo a cui sarei tentato di abbandonarmi, so bene che chi davvero mi leggerà sarà un altro tipo di pubblico, quello che dà un diverso significato all’espressione l’Impero non esiste. Loro, essendo zati come me o facendo parte dell’élite esterna, sanno benissimo che l’Impero esiste ma si ostinano a ritenere la sua esistenza soltanto apparente. Siccome la realtà non si accorda alla logica del loro pensiero, allora si rifiutano di accettarla. L’Impero si regge sul mistero ma loro non vogliono capirlo e attendono con il loro aperitivo in mano che tutto crolli da un momento all’altro, col sorrisetto ironico di chi è convinto di non potersi sbagliare; eppure innumerevoli generazioni di presuntuosi muniti di sorrisetto sono passate mentre l’Impero è ancora qui fra noi. L’Impero, proprio come uno zelentiel, conquista pian piano lo spazio attorno a sé, ma con delle foglie talmente rade e strette che quasi non proiettano ombra: basta questo a renderlo evanescente? D’accordo, non esercita attivamente il suo potere, ma potrebbe farlo in qualsiasi momento; soprattutto, il mistero sull’effettiva potenza della sua techné spaventa le altre nazioni più di quanto potrebbe mai fare l’ostentazione. Perciò continuo a rifiutarmi di considerarlo una “recita grottesca” come sostiene Ogleh Minesse nei suoi lavori: solo qualcosa di concreto potrebbe permettere a un piccolo popolo come il nostro di essere considerato il dominatore di uno spazio così vasto.
Uno storico non dovrebbe occuparsi dell’attualità ma gli ultimi sviluppi mi costringono a farlo. La signora Terrelh Aisduy prosegue imperterrita la sua insensata campagna pro-mescolamento, e questo perché la secolare disciplina che ha permesso all’Impero di esistere viene sempre più trascurata; un certo pietismo si va gonfiando: da quanto tempo non assistiamo a esecuzioni capitali (dolorose ma necessarie)? Fatico a crederlo ma evidentemente non ci si rende conto dell’enorme pericolo che stiamo correndo: se non continuiamo a giustiziare i sospetti traditori e ad attenerci a un’endogamia senza eccezioni, allora l’Impero che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti avrà vita breve. Come ho già detto l’Impero si regge sul mistero: lasciate che la techné arrivi alle altre nazioni e tutto crollerà. Capisco che si possa criticare l’Impero in quanto portatore di ingiustizia ma la sua dissoluzione comporterebbe inevitabilmente la scomparsa del nostro popolo: così piccolo e così odiato sarebbe destinato allo sterminio.
Prima di presentarvi il piano dell’opera vorrei ringraziare […]
[dalla prefazione a “L’Impero non esiste. Dalle leggende all’attualità “, di Nodd Serdet – edizioni Il giullare di corte , collana La storia agli storici]
Sono troppo ignorante anche solo per accettare o rifiutare le premesse alla tua domanda, figurarsi rispondere... Dico solo che mi…