Era un movimento quello o se l’era immaginato? Si avvicinò al vetro. Era troppo presto. Eppure… ecco, non si era sbagliato. Dalle casse proveniva il rumore appena percettibile dei colpi e l’uovo stava sussultando, non c’erano più dubbi.
Il telefono ronzò e ronzò vibrando e spostandosi nervosamente e Ilaria come faceva a indovinare sempre i momenti peggiori per farsi sentire poi uno dovrebbe pensare al caso ma quale caso e caso c’era qualcos’altro sotto prima un interminabile silenzio e ora che il momento era arrivato lei faceva entrare lì dentro troppo presto il mondo che lui aveva dimenticato e che avrebbe voluto ricordare solo nel tempo del trionfo.
Non avrebbe certo risposto. Mesi e mesi di derisione e di esclusione, e poi mesi e mesi di studio forsennato, di notti agitate e solitarie, e poi mesi e mesi lontano da tutti, lontano dal mondo civilizzato, chiuso in quel laboratorio circondato dai ghiacci ottenuto mentendo sui suoi scopi, a nutrirsi di cibi avvilenti e a difendere a fatica la mente dai subdoli richiami del silenzio e dell’isolamento… e tutto solo per poter vivere attimi irripetibili come quello. L’avrebbe chiamata più tardi, quando il futuro avrebbe ripreso un colorito più sano.
Il primo frammento di guscio era caduto sul tavolo e dal buco frastagliato stava colando un fluido giallognolo. Controllò per l’ennesima volta temperatura, umidità e pressione, controllò che la telecamera stesse registrando, pur conoscendo già la risposta, e controllò anche l’ora. Poi riportò sùbito lo sguardo oltre il vetro: altri frammenti di guscio erano caduti dentro alla pozza di fluido. Ormai il varco nell’uovo era abbastanza grande da permettergli di intravedere al suo interno qualcosa che lo turbò. La schiusa diventò sempre più rapida e furiosa: pezzi di guscio vennero proiettati in giro, uno finì contro la vetrata dal suo lato e scivolò giù pian piano lasciandosi dietro una scia disgustosa.
A un certo punto non gli fu più possibile negare che ciò che aveva davanti agli occhi era del tutto sbagliato: nel colore, nella forma, nel numero. Tuttavia ne era affascinato, e se ne stava coi polpastrelli e il naso appoggiati al vetro quando un movimento improvviso al di là gli fece fare un salto all’indietro. Ebbe come una visione istantanea e vertiginosa del laboratorio che da contenitore diventava contenuto, ma la sua mente la rifiutò sùbito. Lentamente si riavvicinò. Ancòra non aveva capìto di essere spacciato.
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E poi? E poi? E poi?
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Questa è l’introduzione, e poi c’è lo svolgimento 😛
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Dove sta? Devo leggerlo
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No, devi immaginarlo 😛
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Nooooooooooo….devi scriverlo
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Ah no, il bello di queste cosine corte è il togliere il più possibile, lasciando così il massimo di ampiezza -per questo descrivo il meno possibile-… qualsiasi strada io scegliessi per continuarlo lo limiterebbe, perciò peggiorandolo. Non che sia una regola generale, ma è la MIA regola 😀
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😥😭😭😭😭😭😭
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Niente di grave, poi ti passa vedrai 😛😀😉
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Già fatto…c’ho provato.
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L’hai immaginato? Non mi dire che c’è l’happy end!? 😀
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nessun lieto fine…..na catastrofe!
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(non so se è una cosa adatta a quest’ora…o a qualsiasi altra ora…ma c’è praticamente tutto, mi spiace per la cupezza eh, se non sto attento tendo a scivolarci)
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