Ventesimo giorno
Il frigorifero ronza nella sua strana lingua, un monologo a cui nessuno presta attenzione; le sue lucette verdi risaltano nella zona buia laggiù in fondo alla stanza. Nell’ombra di fronte al frigo c’è una forma che potrebbe essere una sedia, con sopra un mucchio di stracci o forse un peluche. Dalla finestra entra la luce giallastra di un lampione, disegnando sul tavolo sgombro proiezioni deformi delle tendine. C’è un bicchiere vuoto appoggiato vicino al bordo del lavello, e qualcosa sul pavimento fra il frigo e il lavello, qualcosa di ingombrante, forse un grosso cane disteso. Sulla strada un’auto compie una manovra e per qualche attimo la luce dei fanali si riflette sul vetro della fotografia incorniciata appesa alla parete in fondo: quello in terra non è un cane. Lei ha gli occhi aperti, rivolti al soffitto, e da sotto il suo corpo abbandonato una grossa macchia scura sembra allargarsi impercettibilmente, ma forse è solo un’impressione; dall’addome le spunta qualcosa che ha mandato un riflesso metallico quando è stato illuminato.
Uscendo dalla porta, svoltando a destra e percorrendo fino in fondo un breve corridoio buio si arriva alla porta del bagno; altre due porte si aprono ai lati del corridoio. Quella a sinistra, spalancata, è di una camera da letto. L’unica fonte di luce proviene da un piccolo televisore acceso, e asseconda perciò i capricci del canale su cui è sintonizzato. Il letto matrimoniale è vuoto e sfatto: si vede un solo cuscino, il lenzuolo è aperto in malo modo come se chi ne è uscito da sotto avesse avuto fretta, e ai piedi del letto è accartocciata una coperta leggera che ha provato a calarsi fin sulla moquette del pavimento, senza esserci ancora riuscita. Fra il letto e la finestra c’è un lettino contornato da sbarre di legno; al suo interno c’è l’altro cuscino, che lo riempie quasi del tutto. Da sotto il cuscino spuntano due piedini immobili.
Il volume della televisione è basso, ma in questo silenzio le parole concitate del giornalista sono chiare:
“…ha dell’incredibile, e il silenzio stampa della Casa Bianca conferma che qualcosa di grave è accaduto davvero, i governi di tutto il mondo stanno sollecitando gli Stati Uniti per ottenere spiegazioni chiare e inequivocabili. Riassumiamo di nuovo per chi si fosse sintonizzato solo ora. Ieri il consueto discorso del sabato del Presidente degli Stati Uniti non è stato mandato in onda, senza preavviso e senza spiegazioni di sorta, le voci sui motivi di questo comportamento si sono rincorse fino a questo pomeriggio quando il video mai andato in onda è stato fatto circolare nel web da un account riconducibile alla rete di Anonymous…”- dietro al giornalista si vede una foto recente del Presidente: è un afroamericano di sessantadue anni, dal viso gonfio come un pesce palla in pericolo, e con un doppio mento che nasconde del tutto l’accenno di collo che madre natura gli ha concesso; ha grandi occhi scuri molto espressivi che gli permettono di recitare a meraviglia tutti i ruoli che la sua carica gli impone, e i suoi capelli sono ridotti a una stretta coroncina brizzolata che gli contorna la testa appena sopra alle orecchie- “Questo discorso era particolarmente atteso perché arriva nel momento in cui la crisi messicana rischia di precipitare, e proprio per questo si fatica a credere al comportamento di Thompson, proprio lui che spesso viene criticato anche dall’interno del GOP perché nelle occasioni ufficiali mantiene un’austerità a volte controproducente. Vediamo il filmato”- parte il video: il Presidente è affondato in una sedia nel mezzo di una stanza in cui il colore rosso è dominante, e tiene sulle cosce una manciata di fogli stampati. Non si vede la pelata, e nemmeno la coroncina brizzolata: sfoggia invece una splendida capigliatura bionda che arriva a toccargli le spalle. Thompson si schiarisce la voce, poi abbatte con foga il pugno destro nella mano sinistra aperta e dice, quasi urlando: “Voglio un grave uomo!”. Il giornalista stoppa il video e interviene- “Vorrei sottolineare che il filmato non è doppiato, Thompson parla davvero in italiano con accento dell’est, forse russo, un italiano surreale come vedremo, e questo è forse il particolare più sconcertante. Adesso ascolteremo il resto del discorso, vi anticipo che non sentirete tracce di alterazione nella voce, è chiaro che non è ubriaco nè sotto l’effetto di droghe, anzi l’intonazione si adatta perfettamente al significato di ciò che sta dicendo. Questo è uno dei misteri più grandi della storia! Prego la regia…”- il video prosegue. Si vede Thompson ravviarsi i capelli lisci con un gesto tipicamente femminile, e poi continuare nel suo delirio: “Hi credi nell’amore a prima vista? Forse tu sei il mio destino. Voglio parlare un po di me. Il mio nome Olena. La mia eta di 35 anni. Sono di Ucraina. Io…”
La porta di fronte alla camera da letto è chiusa ma oltre di essa c’è una luce accesa, quella di una lampadina ancora nuda che mostra le pareti spoglie, ritinteggiate da poco in un blu tenue; un cilindro portadisegni è appoggiato a un angolo. Sulle vecchie piastrelle grigie del pavimento c’è un uomo con indosso solo i boxer blu scuro, disteso a faccia in giù, le braccia allargate e le gambe leggermente piegate in una postura disordinata; ha un grosso neo appena sotto la nuca e tre graffi recenti, quasi paralleli, sulla spalla sinistra. Di fianco a lui c’è un boccale da un litro, rovesciato: è riempito di stracci, che trattengono ancora l’impugnatura di un coltello dalla lama spezzata. Fra il boccale e il corpo spicca una vasta chiazza di sangue che si va rapprendendo. La luce della lampadina rimbalza sulla minuscola punta metallica uscita dalla schiena dell’uomo, all’altezza del cuore.
Ventunesimo giorno
Roberto cammina di fretta proprio in mezzo alla strada lastricata di porfido. Con un bling il suo cellulare gli dà l’arrivederci alla prossima carica della batteria; lui alza gli occhi al cielo, spazientito. Sono le sei meno un quarto e a quest’ora Roberto puzza troppo di sudore e di polvere di ferro per permettersi di percorrere i porticati affollati che accompagnano tutto il Corso, ma niente gli impedisce di guardarsi in giro, e a un certo punto è costretto a fermarsi; ha la bocca spalancata in un modo quasi comico, ma non se ne rende conto. A un tavolino esterno di un bar è seduta una coppia di ragazze. Identiche. Sono bionde e hanno gli occhi di un azzurro molto chiaro, dai lineamenti si direbbero russe o qualcosa del genere; sono belle, indiscutibilmente, e sarebbero bellissime se il naso fosse meno pronunciato. Non sarebbe così strano se non fosse che anche la cameriera che le sta servendo è uguale a loro. Quante sono le probabilità dell’esistenza di tre gemelle identiche?
Roberto si riprende dallo stupore e riparte, se Marco arrivasse tardi in piscina per colpa sua chissà che testa gli farebbe Sabrina… Proprio all’altezza della curva del Corso è in agguato una ragazza in minigonna che sta cercando di distribuire dei volantini ai malcapitati passanti, con scarso successo. Quando si volta verso di lui Roberto si blocca di nuovo: anche lei è uguale alle tre ragazze di prima. Quello che gli dice lo turba:
-Io donna romantica e cuore aperto, facile da fare-
Non le risponde e riparte quasi di corsa. Poche decine di metri più avanti i porticati terminano, e con essi la zona pedonale, così ora cammina sul marciapiede. Le vetrine gli rimandano l’immagine del suo cranio ben rasato, decorato da gocce di sudore. Da dietro la vetrina di un negozio di abbigliamento per bambini l’avvenente commessa che, inginocchiata, sta sistemando un manichino gli sorride ma lui non ricambia: anche lei è identica alle altre. Accelera il passo, sempre più spaventato da quella situazione assurda.
A pochi metri dal condominio in cui abita si accorge di aver dimenticato le chiavi di casa e, siccome il cellulare è senza batteria, è costretto a suonare il citofono. Dopo un click si sente la voce di suo figlio chiedere:
-Chi è?-
Si ravvia i capelli biondi e risponde:
-Il mio nome Olena.-
Sono troppo ignorante anche solo per accettare o rifiutare le premesse alla tua domanda, figurarsi rispondere... Dico solo che mi…