La realtà è un falò acceso nel mezzo della notte, e i suoi confini sono incerti e instabili. Tutt’intorno il freddo e il buio affliggono un territorio di forma e dimensione impossibili da stabilire con precisione, si può solo intuire che è più vasto –molto più vasto- rispetto a quello svelato dal falò. Potrei starmene sul confine, e in effetti a volte lo faccio, ma ci si ritrova con la faccia sudata e la schiena ghiacciata -o viceversa. Potrei starmene da qualche parte là nel buio, che ha un certo fascino -no? No? Beh, per me sì: là c’è così tanto da esplorare che si potrebbe smarrire la strada del ritorno, e tutto è così imprevedibile… Però è un posto pericoloso: c’è sempre il rischio di calpestare qualcosa di disgustoso, o di essere attaccati da spaventose bestie -o spaventose cose. Così ho deciso di costruire il mio riparo appena appena oltre la luce: un passettino e sono dentro, un passettino e sono di nuovo fuori. Posso osservare come la luce ballerina del fuoco gioca con la forma delle cose senza che qualcuno possa osservare per bene le mie deformazioni.
Per costruirsi un riparo oltre la realtà ci vuole un pizzico di talento ma non è poi così complicato. Per prima cosa, naturalmente, ho tolto tutte le tegole del tetto, gettandole in un mucchio disordinato, e pazienza se qualcuna si è rotta. Poi è stata la volta degli infissi: smontati uno dopo l’altro e finiti in un altro mucchio (sì, qualche vetro si è rotto). Infine la costruzione è proseguita tramite martello e scalpello -almeno all’inizio, procedeva talmente a rilento che mi sono dovuto affidare a strumenti più efficaci. Ci è voluto un po’ di tempo ma alla fine sono giunto vicino alla conclusione: restavano solo le fondamenta. Ma lì mi sono bloccato.
Sono ancora allo stesso punto, con un riparo a cui manca la parte forse più importante. La mia potrebbe essere una paura superstiziosa delle cose complete, terminate, che perciò non hanno più bisogno di me. E che so per certo si rivelerebbero inutili, insensate. O forse, più banalmente, la mia è la paura dell’irreparabile: una volta distrutte le fondamenta la strada del ritorno sarebbe sbarrata in maniera definitiva. C’è sempre tempo per farlo, mi dico. Chissà se è davvero così.
Sono troppo ignorante anche solo per accettare o rifiutare le premesse alla tua domanda, figurarsi rispondere... Dico solo che mi…